Emily in Paris. Senza effetti collaterali.

Chi di voi ha iniziato o già finito di guardare #EmilyInParis?
Per chi ancora non lo sapesse si tratta della nuova serie di #Netflix nata dalla penna di #DarrenStar (già ideatore di #BeverlyHills90210 e #SexandTheCity).
Come si dice in questi casi, un nome una garanzia.
E quindi io venerdì scorso mi sono detta: iniziamo a guardare questa nuova serie!
E sabato mattina mi sono detta: e che palle… è già finita (al momento, c’è solo la prima stagione).
La serie racconta le vicende di #EmilyCooper ragazza strafiga di Chicago che lavora nel marketing per le aziende di lusso e, grazie ad una botta di fortuna esagerata (come succedono solamente sullo schermo), si ritrova catapultata dalla sera alla mattina, per una straordinaria opportunità di lavoro, a Parigi, dove il suo compito sarà in sintesi quello di fornire ai business partner europei “il punto di vista americano”.
Ovviamente Emily non è proprio bassa, grassa e col baffo bensì taglia 34, capelli lunghissimi neri sempre in perfetto ordine, occhi da cerbiatto, un guardaroba che manco le sorelle Kardashian tutte insieme e tanta faccia tosta che, si sa, nella vita aiuta.
La serie scorre leggera e in più articoli è stata definita scacciapensieri e concordo pienamente.
A parte le critiche mosse dai francesi che dicono sia stata data di loro un’immagine un po’ troppo stereotipata e superficiale, a me sembra che si sia un po’ troppa faciloneria in generale.

  1. Questa tipa arriva a Parigi da fidanzata e dopo una settimana è single e…yahoo! Una donna reale un po’ ci soffrirebbe, o no? Lei ha già puntato il vicino di casa che…mica pizza e fichi! Un giovane e promettente chef parigino bello da mozzare il fiato! Poi noi se siamo fortunate abbiamo i vicini di casa ottuagenari e con la dentiera ma quello è un altro discorso.
  2. Al lavoro i colleghi francesi non la accolgono bene per niente, anzi. Ma lei continua a sorridere come un’ebete e magicamente porta risultati entusiasmanti con colpi di genio senza precedenti.
  3. Appena arrivata, apre un profilo social, appunto @emilyinparis e nel giro di poche settimane diventa una influencer di grido e si ritrova a partecipare ad eventi esclusivissimi. Yeahhhhhh!
    Cioè, quello che mi chiedo è quanto ci sia di realistico…
    D’accordo che deve essere una roba leggera che si guarda per non pensare ai problemi, ma neanche cosi fuori dalla realtà!
    Già migliaia (se non milioni) di ragazzine sono lanciate a fare le influencer e questa sembra essere la professione del futuro (prima era fare la tronista a #UominieDonne).
    E adesso viene fuori Emily che va a Parigi, veste Chanel come fosse H&M, fa strage di cuori (ma mica gli impiegati della Posta eh!), tradisce la fiducia della sua nuova amica (pure lei parecchio “bruttina” devo dire!) ammiccando al suo fidanzato (oltre che a tanti altri)…Sicuramente cose come queste possono, forse non tutte insieme, accadere nella realtà ma magari nella maggior parte dei casi anche no.
    Siamo ben lontani dalle atmosfere jazz di Sex and The City (e ahimè il confronto è inevitabile): #CarrieBradshaw prima di diventare famosa si è fatto il mazzo, spesso non aveva soldi per pagare l’affitto a causa del suo vezzo per le Manolo; e per la miseria…quanto ci ha messo a far innamorare Big, quante serie? Quante puntate? Ne vogliamo parlare? E il valore dell’amicizia? Carrie o Miranda e le altre, nessuna di loro quattro sarebbe mai andata a letto col ragazzo dell’altra.
    Io credo che questo prodotto sia un po’ lo specchio di quello che stiamo vivendo, una fruizione immediata di tutto: successo, affetti, relazioni, beni di consumo…vogliamo tutto e subito, senza fatica e con una sfrontata
    indifferenza.
    Quindi sì, bravo Darren Star, bel prodotto senz’altro, si guarda in allegria e leggerezza…ma certamente un po’ di smalto lo hai perso anche tu ed hai probabilmente abbassato l’asticella perché ormai sei avanti con gli anni. Oppure è proprio il contrario: sei ancora così smart che sei semplicemente troppo al passo coi tempi!
    A me sembra una cosa fatta un po’ in fretta e che mette insieme vari stereotipi mescolati alla rinfusa. Però funziona.
    Ma senza effetti collaterali.

Riproduzione riservata © Londranomala 2020-2021

2 commenti

  1. […] Il richiamo a Sex and the City è immediato ed involontario ma in un modo che non ci fa rimpiangere la serie cult di fine anni Novanta, al contrario di quanto era invece accaduto con altri prodotti poi rivelatisi tarocchi quali Emily in Paris, creata peraltro dallo stesso Darren Star ideatore di SATC (Link) ma con un risultato a mio avviso non proprio soddisfacente (vd. qui https://londranomala.com/2021/03/26/emily-in-paris-senza-effetti-collaterali/). […]

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  2. Appena ho letto “Beverly Hills 90210” mi si è sciolto il cuore: sono cresciuto negli anni 90, e quello è stato semplicemente il decennio di Beverly Hills 90210.
    Nel suo periodo di massima popolarità l’ho sempre guardato a spizzichi e bocconi, perché allora non avevo la costanza necessaria per seguire una serie tv giorno per giorno. Crescendo però questa costanza l’ho acquisita, e quindi intorno ai 20 anni mi posi un obiettivo ambiziosissimo: guardare ogni singola puntata di Beverly Hills 90210, dalla prima all’ultima stagione. Ci misi 2 anni e 2 mesi, dal Settembre 2008 al Novembre 2010, ma alla fine ce la feci. E quando guardai l’ultima puntata, provai quel senso di vuoto che sempre ci travolge quando siamo consapevoli che sta finendo qualcosa di bello.
    Le prime 3 stagioni di quella serie tv sono un capolavoro assoluto; la quarta cominciò a mostrare i primi segni di cedimento, e dalla quinta in poi iniziò il vero e proprio declino. Tuttavia, il pubblico amava così tanto Beverly Hills 90210 che continuò a seguirlo per molti anni ancora, e infatti la serie chiuse soltanto alla decima stagione. L’ultima puntata andò in onda nel 2000, a decennio appena concluso: era un segno del destino, Beverly Hills 90210 aveva rappresentato appieno gli anni 90 e lì doveva restare.
    Il successo di questo iconico telefilm si spiega non soltanto con la qualità delle sceneggiature (davvero ottima, almeno all’inizio), ma anche con il fatto che per la prima volta dopo la chiusura di Happy Days una serie tv poneva gli adolescenti al centro della scena, e si focalizzava soltanto su di loro e sul loro mondo. Fino a quel momento (salvo rarissime eccezioni) in tutte le serie tv erano gli adulti gli unici protagonisti, e gli adolescenti erano soltanto dei comprimari che apparivano di sguincio in qualche episodio qua e là: Beverly Hills 90210 ribaltava questo schema, e ritraeva il mondo degli adolescenti con un’efficacia e un’esattezza davvero impressionanti.
    Era anche un programma che lanciava molti messaggi educativi: ad esempio, chi si comportava onestamente riusciva sempre a tirarsi fuori dai guai, chi sbagliava veniva sistematicamente punito, e veniva mostrato che c’è sempre una speranza di pacificazione, anche dopo i litigi più furiosi.
    Inoltre, la serie ha avuto il merito di introdurre i giovani a tanti argomenti di cui non avevano mai discusso con i loro genitori, perché questi ultimi si vergognavano troppo o non avevano gli strumenti per affrontarli: dalla sessualità all’uso delle armi, dall’omosessualità alla droga. Chissà quante adolescenti sarebbero diventate ragazze madri o quanti ragazzi sarebbero andati in overdose senza Beverly Hills 90210.
    Termino questo viaggio nel passato con un aneddoto. Una volta da bambino andai a casa della mia baby – sitter, e vidi sua sorella rapita davanti al televisore. Manco a dirlo, il canale era Italia 1, e il programma era Beverly Hills 90210. Io rimasi colpito dal suo sguardo estasiato, e le chiesi: “Perché ti piace così tanto?” Lei mi rispose: “Perché lì dentro c’è la mia vita”. Quanto aveva ragione. Grazie Beverly Hills 90210 per aver tradotto in immagini tutto ciò che noi adolescenti avevamo dentro. E grazie Luke Perry per essere stato una parte fondamentale di quell’incanto.

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