Sulla scia del solo dating (https://londranomala.com/2025/01/12/solo-dating-cronache-felici-di-interezza-e-singletudine/), domenica scorsa sono riuscita a ritagliarmi due ore per andare a vedere, dopo tanta attesa, l’ultimo capitolo di Bridget Jones – Mad About the Boy, da qualche settimana sul grande schermo.
Ho scelto un cinema indipendente, come me, e benché ancora alle prese con gli strascichi di un’influenza intestinale, mi sono trascinata nella sala semi-deserta per il primo spettacolo del pomeriggio, avvolta nel mio piumino con addirittura il cappuccio in testa, perdendomi nel lusso del posto vuoto accanto al mio.
Sullo schermo è comparsa una Bridget più disperata e sciroccata che mai: mamma single di due bambini, Billy e Mabel (vedova dell’indimenticabile Mark Darcy), li accompagna a scuola senza neanche vestirsi, semplicemente buttando un cappotto sopra il pigiama (il sogno di ogni mamma, o comunque il mio, che di poco mi differenzio).
Bridget appare stanca e triste, ma non lo dà a vedere davanti ai figli. Ha lasciato il lavoro e si limita a sopravvivere alle giornate tra riunioni scolastiche, mamme perfette e la sua strutturale imperfezione.
In questo film, tuttavia, la sua carica appare smorzata: la sua energia è svanita nella perdita del marito e di sé stessa, si lascia vivere mettendo in fila un giorno dopo l’altro in una confusione che non si sforza neppure di domare. È stanca, stremata, come in letargo dalla vita.
A riflettere il cambio di prospettiva della protagonista, la pellicola si sposta in una Londra diversa: dal pulsante Borough Market dei gloriosi tempi da single, ad Hampstead Heath, zona residenziale per famiglie, tra vialetti in salita, negozietti di fiori e case messe ordinatamente una accanto all’altra.
Qualcosa si muove quando Bridget, un giorno qualunque, si imbatte fortuitamente nel giovane e aitante “boscaiolo” che poi la approccia su Tinder e col quale inizia a fare coppia fissa e tanto buon sesso.
Una donna di quarantacinque anni con un ragazzo di ventotto: e allora? È il risveglio che le serviva (non privo di sensi di colpa). Ricomincia a vestirsi per accompagnare i figli a scuola, si depila le gambe, riprende a lavorare.
Quante di noi, Signore care – e mi rivolgo alle disinfluencers, ovviamente – hanno sulle gambe tanti peli quanti capelli in testa? Siate oneste, da quanto tempo non andate dall’estetista?
Ancora una volta, parte la ola: Bridget una di noi.
Tuttavia ciò che mi ha veramente smosso qualcosa è stata la frase pronunciata da Emma Thompson nei panni della dottoressa Rawlings, la ginecologa-amica di Bridget dai tempi della gravidanza misteriosa (capitolo precedente). In una scena, la dottoressa la incoraggia ad accettare il caos della sua vita: <embrace the chaos> le dice. In fondo, non è quello che cerchiamo di fare tutte, ogni giorno?
Viviamo in un’aspirazione costante al Nirvana, alla perfezione, bombardate dall’ o-tutto-o-niente. Ma in realtà ci barcameniamo tra mille problemi (più o meno gravi), cercando di portare a casa la giornata senza troppi danni.
Corriamo dietro alla bugia che ci viene raccontata nelle pubblicità del Mulino Bianco in cui famiglie felici di cinque persone fanno colazione ordinatamente tra sorrisi e abbracci mentre io alle 7.37 del mattino urlo ad una figlia unica di sbrigarsi a lavare i denti altrimenti tutte-le-punizioni-del-mondo che infatti ho zero credibilità, un po’ come fa Bridget: <tre-due…> e poi panica perché non sa come rendersi credibile quando arriverà all’uno.
Bridget Jones ha sempre portato sullo schermo la verità. Prima di lei, nessun prodotto cinematografico aveva mai costruito – specialmente su una donna – un personaggio così forte e spiazzante proprio nella sua goffaggine e autenticità. Nessuno poteva opporsi a quella irresistibile normalità: chili di troppo, imbarazzo, impacci, eppure una vittoria. Un inno all’accettazione di sé.
Non voglio spoilerare tutto, ma posso dire che questo quarto capitolo di Bridget Jones è una storia di perdita: di un amore, di sé, della consapevolezza. Una storia di vita, di sfide e di come affrontarle. Di bassi-bassissimi e ritrovati alti. Di risalite dopo aver toccato il fondo, in modi inaspettati.
Bridget Jones perdendo la testa per un ragazzo più giovane, ritrova sé stessa, si rimette in carreggiata. E non credo il messaggio sia che serve per forza un amore per stare bene, ma piuttosto che nessuno si salva da solo e che non siamo dei supereroi, quindi, non c’è nulla di male a lasciarsi aiutare.
D’altro canto, vivere la vita vera, quella di ogni giorno, senza lo zuccherato stordimento dei social network, questo sì che ci rende dei supereroi perché nonostante tutto rimaniamo in piedi.
Questo Bridget Jones è una storia d’amore, ma anche una storia di famiglia in tutte le sue forme: di madri sole, di figli disorientati, di padri venuti a mancare, di nuove figure che non sostituiscono ma entrano in punta di piedi per rimanere (lo scettico professore di scienze che poi si lascerà affascinare dalla “magia” di Bridget) ed altre che restano salde sulla scena (un maturo Hugh Grant al suo meglio con qualche ruga in più e lo smalto intatto, merito anche di una sceneggiatura che gli rende onore).
È la storia della necessità, per una donna, di essere plastica, adattarsi alle sfide impreviste, sempre sotto la lente di ingrandimento o il giudizio di quello che ci si aspetterebbe secondo il senso comune. Ma comune di chi?
Bridget Jones è l’incubo dei benpensanti, la vittoria del non-convenzionale, di quella verità che nascondiamo più spesso a noi stessi e che porta il nome di fragilità.
Che poi – pensavo ieri – in inglese emozionare si dice “move” e film “movie”: il film è un veicolo di emozioni e questo Bridget Jones coglie nel segno.
Allora, amiche care, uscite in pigiama, mettetevi una pinza tra i capelli, affondate le mani in una confezione jumbo di popcorn e andate al cinema. Perché improvvisamente vi ritroverete sullo schermo: la cucina in disordine sarà la vostra, i bambini che strillano pure. E ci saranno le persone che avete perso, quelle che avete ritrovato, le case cambiate, i lavori lasciati e ripresi, gli amici vecchi e quelli nuovi. Ma soprattutto, ci sarete voi che in tutto questo casino avete sempre tenuto botta e siete rimaste salde su voi stesse, forse in qualche momento vi siete perse ma poi vi siete ritrovate, sempre.
…E magari, a un certo punto, avete anche trovato il tempo di andare a depilarvi le gambe.
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Immagine: This is a poster for Bridget Jones: Mad About the Boy. The poster art copyright is believed to belong to Universal Pictures, StudioCanal and Miramax. Source: https://www.imdb.com/title/tt32063050/mediaviewer/rm1368299522
