Caterina la Grande: Verità e Miti nella Nuova Biografia

Vivo a Londra da ormai sedici anni e, come milioni di persone, sono molto interessata alle godibili vicende di gossip che coinvolgono la famiglia reale inglese, in cui non mancano gli elementi della favola, che talvolta sfocia nella telenovela: da Cenerentola ai tradimenti e divorzi, passando per i difficili rapporti familiari, tutto fa brodo, e i colpi di scena sono garantiti.

Una volta archiviata la Megxit, con i Sussex esiliati in California, l’attenzione è tornata completamente su William e moglie, soprattutto dopo il video in cui Kate annunciava la propria malattia la primavera scorsa, con grande dignità e coraggio, ponendo fine alle molteplici e disturbanti teorie complottiste dei leoni da tastiera.

Caterina la Grande, titolava la nota rivista Tatler nel numero di luglio/agosto 2020 (poi ritirato almeno nella versione cartacea, in quanto il ritratto che la scrittrice Anna Pasternak forniva dell’allora Duchessa di Cambridge non era risultato gradito alla famiglia reale). L’articolo, ancora disponibile online nella versione epurata dei commenti offensivi e crudi, offriva – nella versione originale – un ritratto disincantato e rustico della principessa, lasciando emergere tra le righe la (bassa) opinione che Pasternak aveva della giovane Middleton: figlia di una cafona arricchita e alquanto kitsch (mamma Carole) che aveva pianificato attentamente il suo percorso matrimoniale per farle sposare nientemeno che l’erede al trono d’Inghilterra.

Dalla critica caustica rivolta a Kate Duchessa di Cambridge & famiglia alla cieca celebrazione di Caterina Principessa del Galles e futura Regina consorte, il passo è stato relativamente breve. Il nuovo libro di Robert Jobson pubblicato agli inizi di agosto, dal titolo Catherine Principessa di Galles – la biografia (Rizzoli), poco ha infatti di biografico e molto di celebrativo: si tratta di una raccolta di eventi, organizzati in ordine cronologico, volti a osannare la protagonista, dipingendola immune da vizi e difetti e soprattutto facendone emergere la purezza d’animo e di intenti rispetto all’americana cognata ingrata.

Dal punto di vista letterario, il libro non rappresenta certo quel capolavoro di cui si parla nella copertina: “truly remarkable, by anyone’s standard” (trad. “veramente straordinario, secondo qualsiasi standard”). Non esattamente. Siamo certamente di fronte a una riscrittura della storia di una moderna Cenerentola, ma in modo frammentario: si raccontano eventi ed episodi talvolta irrilevanti, il libro è pieno di ripetizioni (spesso un semplice copia e incolla degli stessi periodi), e vi è una semplicistica distinzione tra buoni (i Galles) e cattivi (i Sussex).

Anche i personaggi secondari, re Carlo e il futuro re Guglielmo, vengono descritti senza macchia, come eroi minori, con Caterina al centro ad orchestrare in modo perfetto e sapiente la vita della famiglia reale: rinsalda il rapporto del marito col padre, subisce le angherie della cognata, ha un senso del royal duty quasi pari a quello della defunta regina Elisabetta, è un’ottima madre, perfino un’ottima cuoca e una grande sportiva.

La sua famiglia d’origine è molto unita, i Middleton fanno i nonni quasi a tempo pieno e sono molto presenti; hanno cresciuto e allevato questa figlia perfetta, nata per risollevare le sorti del trono d’Inghilterra. Pur riconoscendo che Kate è una figura molto positiva, una donna in gamba, sicuramente un’ottima madre e moglie, e che sta dimostrando grande coraggio nel suo percorso di cura e lotta alla malattia che l’ha colpita, Jobson, a mio avviso, ha sprecato un’occasione: ha messo insieme un ritratto noioso e melenso di una donna che avrebbe molto di più da raccontare. Ha destituito di umanità una figura che sicuramente può essere un monito e una ispirazione per molte: per le sfide connesse alla vita nella famiglia reale, la diplomazia dimostrata nella gestione dei conflitti interni al sistema, la determinazione nel voler normalizzare l’esistenza quotidiana della propria famiglia. Non vi sono cenni a nessuna di queste dimensioni umane, nessuna tensione: non si parla della persona ma solo del personaggio, e tutto ciò che è così lontano dalla realtà allontana il lettore, è un fake.

Si potrebbe obiettare che la fiction è per sua natura invenzione, ma la bravura dei grandi scrittori sta nel rendere veri, reali e umani dei personaggi di fantasia, attribuendo loro debolezze e fragilità. Jobson è riuscito invece nell’ardua impresa di rendere finto un personaggio reale (in tutti i sensi), sottraendolo alla dimensione umana dell’imperfezione. Forse strategia, forse pubblicità. Ma Caterina la Grande meritava più verità.

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