Darby ha quasi trent’anni, vive nel Village a New York con tre coinquilini strampalati, lavora come schiava moderna in un museo e tutte le sue storie d’amore finiscono perchè incontra solo casi umani.
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Love life (Amore Vita) season 1 (lo trovate su Netflix) è una serie in dieci episodi, ognuno dei quali ha come protagonista uno dei personaggi-chiave presenti nella sua vita, dal fidanzato di turno, alla madre, all’amica del cuore che va in rehab.
Sembrerebbe al primo approccio una serie di quelle scacciapensieri da guardare sul divano con birra, patatine e rutto libero seguiti da barattolo di gelato da due chili in perfetto stile Bridget Jones. E Darby, in effetti, è in un certo senso una Bridget millennial, molto più magra e ugualmente sfigatella che stalkerizza gli ex fidanzati su Instagram e ha la madre che cerca il fidanzato su Tinder.
Il succo però è sempre quello: noi donne e quello sconsiderato, esasperante bisgono di trovare il nostro Mr Big (perché se non ci fa soffrire non va bene!) convinte, tuttavia, di non meritarci l’amore di nessuno, prima di tutto quello di noi stesse.
In questa serie-romanzo di formazione a ritroso, c’è proprio tutto: un’adolescenza complicata per via di due genitori anaffettivi, l’annulamento di sé per confluire totalmente nelle aspettative dell’altro: “my dreams are your dreams” – continua a ripeterle uno dei fidanzati; la psicoterapia e la resistenza a proseguire, per paura di doversi scavare troppo dentro; la convinzione che “quello giusto” sia quello che ti sconvolge la vita, che ti fa cambiare prospettiva fino a non riconoscerti più; fino poi a rendersi conto che è tutto il contrario, perché bisogna sempre essere sicuri di potersi riconoscere.
C’è il tema della maternità dalla propsettiva della figlia e da quella della madre.
Ci sono i matrimoni e i divorzi. C’è la carriera, l’indipendenza, i fallimenti ed il successo. C’è l’amicizia, quella vera, che aiuta chi si è perso a ritrovarsi.
Tutto l’Amore e tutta la Vita possibili vengono condensati in dieci episodi (di circa mezz’ora l’uno) di una morbidezza e sensibilità mai sopra le righe. Non si urla, ma si racconta, si rilfette, si fa esperienza di sé attraverso la protagonsita perché in almeno uno di questi mini-film ci siamo passate tutte, almeno una volta nella vita.
C’è un equilibrio piacevole di malinconia e speranza, di rabbia e pazienza, di dolore e di riscatto. Si riflette, si sorride, ci si commuove.
Intanto la birra è finita, le miliardate di calorie di patatine e gelato ci fanno sentire in colpa. Ma noi andiamo a letto più consapevoli che tutto è Amore e tutto è Vita.
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